“La mia terra” di Federica Cannizzaro

da GGulisano
Sicilia Catania dall'alto

Sicilia Catania dall'alto

Riportiamo fedelmente un testo di una ragazza di Catania, quando minorenne ha dovuto abbandonare tutto per seguire la famiglia costretta ad andare via per cercare lavoro. Oggi maggiorenne ha scritto queste righe descrivendo tutte le sue emozioni, sogni e pensieri che le hanno causato il distacco, dall’amata terra.


Io la mia terra me la immagino come una fanciulla dai capelli corvini lunghi e ondulati, dalle forme morbide e dal viso rotondo e sorridente.  Si, il suo volto si distingue dagli altri perché è sempre sorridente. Io la mia terra me la immagino come una fanciulla dai capelli corvini lunghi e ondulati, dalle forme morbide e dal viso rotondo e sorridente.  Si, il suo volto si distingue dagli altri perché è sempre sorridente. Ma dietro quel sorriso si nasconde una grande amarezza per quello che le è accaduto.  E se alzi un po’ il suo vestito, le sue candide membra sono piene di lividi e di ferite profonde che le sono state inflitte da tante persone malvagie. Rapinata, rapita, picchiata e però sempre bella. La più bella di tutte dal cuore grande, che pulsa e che quando si sveglia fa tremare tutto ciò che gli sta intorno.  Quel cuore ha un nome: “Etna”, un cuore che domina l’Europa intera. Ho capito di amare follemente la mia Sicilia circa quattro anni fa, quando i miei genitori decisero di trasferirsi al nord per motivi di lavoro. Dissi a mia madre: – Mamma, ti prego, cambia idea e cerca di accontentarti di quello che hai qui!Lei socchiuse gli occhi e dopo aver levato un sospiro mi rispose: – Dispiace anche a me, ma ormai rimanere sarebbe inutile, perderemmo una grande possibilità.  Forse ancora mia madre credeva di trovare quella fortuna che a chi ci ha preceduto ha cambiato radicalmente la vita. Si stava avvicinando il tempo della partenza, giungeva il momento fatidico del distacco dai miei compagni. Con loro avevo trascorso gli anni delle elementari, del catechismo, dei pomeriggi a giocare a pallavolo.  Eravamo molto uniti e doverli salutare mi faceva venire un nodo alla gola. Non so come accadde, ma l’ultimo giorno di scuola, me li ritrovai attorno a me, che cercavano di confortarmi, dicendomi: -Non ti preoccupare incontrerai nuovi amici, ma non dimenticarti di quelli vecchi!Ritornata a casa trovai un’altra bella sorpresa. C’erano gli operai che stavano smontando tutti i mobili: mobili che la mia mamma aveva trattato con tanta cura, lei che si affeziona a tutto, dando un grande valore ad ogni cosa. Ella dava le direttive agli operai, ma i suoi occhi diventavano lucidi vedendo sgretolarsi quel focolare che con tanto amore aveva costruito. La mia mamma è una persona molto dolce, una mamma d’altri tempi, che agli schiaffi che la vita le ha dato, ha sempre risposto con carezze. Arrivò comunque il giorno della partenza e andammo all’aeroporto.  Osservavo il viavai di gente che partiva e tornava da Milano.  C’era chi partiva per lavoro e aveva una 24 ore ed era vestito elegantemente, probabilmente stava andando in un convegno, beato lui! sarebbe ritornato in giornata.  C’era una coppia di anziani che andava a trovare il figlio e portava con sé dei cibi tipici siciliani, il cui profumo si espandeva nell’aereo e se chiudevi gli occhi potevi immaginare dove e come erano stati fatti e la gioia di chi a Milano aprendo quell’involucro sarebbe rimasto inebriato.  C’era poi chi come me aveva un numero più elevato di bagagli perché quel viaggio era più lungo e il ritorno non si sa se ci sarebbe stato.  Non avevo mai preso l’aereo e mi sembrava assai strano, ma il momento più difficile fu quando sorvolammo l’Etna.  L’aereo si allontanava e io con lo sguardo la osservavo fino a quando non scomparve tra le nuvole. Fu, poi, la volta del mare, il mio dolce mare azzurro, che mi ha cullata sin dalla mia nascita.  Fra me e il mare c’è sempre stato un rapporto molto particolare: quando ero bambina, amavo passeggiare lungo la riva del mare con mia madre. Giocavamo a schivare le onde che lambivano i nostri piedi oppure facevamo la gara a chi raccoglieva più conchiglie. A volte gridavo contenta: “ Mamma, mamma ho trovato una conchiglia bianca! “Allora hai vinto tu” mi rispondeva mia madre, perché le conchiglie bianche valgono di più.  “Perché valgono di più?” – “Perché più rara è una cosa, maggiore è il suo valore”. “Mamma, mi fai un esempio di una cosa che ha un valore inestimabile?” “Tu, bambina mia, perché sei unica e speciale”. Ci sedevamo, poi, a riva a guardare il sole che più piano si alzava all’orizzonte e diventava sempre più caldo, fino a rendere rovente la sabbia.  Ma è bello lasciarsi accarezzare dal sole dopo aver fatto una bella nuotata in quel mare azzurro. A me il mare sembra che mi parli, che risponda alle mie domande, quasi fosse un padre.  Il colore delle sue acque o le onde più o meno forti, sembra che esprimano uno stato d’animo, una sensazione. Ma è soprattutto quel senso di libertà che provo nuotando nelle sue acque o guardando l’infinito orizzonte che mi fa provare un grande senso di libertà, sento che quelle restrizioni in cui siamo costretti a vivere crollino con la potenza delle sue onde.  All’improvviso l’aereo atterrò e nello stesso istante anche il viaggio della memoria.  Credevo di essere in un altro mondo appena uscita dall’aeroporto. Intorno a me il colore azzurro che avevo ancora in mente cedette il passo al verde dei boschi, all’aria calda si sostituì in poche ore un’aria fresca e pungente.  Anche il cielo aveva cambiato colore. Ma non era sempre lo stesso cielo? All’orizzonte non si vedeva più la mia Etna, ma c’era il Monte Rosa che mi guardava superbo.  Non c’era niente che mi era familiare, girandomi di qua e di là, cercavo, ma niente.  Le strade erano sobrie e deserte, non c’era il fruttivendolo ambulante che con la sua “lapa” richiamava l’attenzione dei passanti sulla merce.  Tutto mi appariva freddo come il clima che avevo trovato.  Anche le persone erano fredde e schive. Mi guardavano, io avrei desiderato una parola di conforto, ma loro non mi conoscevano e non sapevano cosa avevo nel cuore.  E se anche l’avessero saputo, che cosa mai gli avrebbe importato.  Qualche giorno dopo il nostro arrivo, assieme alla mia famiglia  andammo al lago per ricreare un po’ l’atmosfera della spiaggia.  Non c’erano né la sabbia né tantomeno quei sassolini che sono tipici del litorale messinese. C’era solo un’acqua maleodorante perché in essa andavano a finire gli scarichi dei battelli e i fondali erano ricchi di muschio perché l’acqua è stagnante e non si rinnovava mai.  Si doveva poi stare attenti ai mulinelli che ti potevano risucchiare. Scorgemmo un’anatra gigante che ci apparve molto seccata: era diretta verso di noi quasi per rimproverarci di aver invaso il suo territorio.  Passò l’estate e arrivammo al primo giorno di scuola. Quando arrivai dinnanzi alla nuova scuola cercavo con lo sguardo i miei compagni, i miei insegnanti, i miei bidelli.  Ma dov’è il signor Malla,  bidello in pensione, che ogni tanto veniva a scuola nostra e intonava canzoni dialettali. Quanta allegria metteva quando cantava e quando distribuiva a tutti noi alunni arance e mandarini profumati appena staccati dall’albero.  Nei visi di quelle persone non riconoscevo nessuno, tutto mi era estraneo, mi sentivo un pesce fuori dall’acqua. Tuttavia nei giorni seguenti iniziai a fare amicizia, anche con ragazzi stranieri che cercavano di imparare l’italiano. Alcuni professori erano un po’ prevenuti sulla mia preparazione: venivo dalla Sicilia, quante volte lo ripetevano!Cominciò per me un anno difficile, un anno in cui dovevo dare il meglio, non solo per me, ma per i miei vecchi insegnanti e per i miei vecchi compagni. Dovevo darmi da fare e studiare di più, perché dovevo dimostrare il contrario di ciò che alcuni pensano.  Con gli anni, a volte, si perpetuano modelli mentali completamente diversi da quelli reali.  E far cambiare idea spesso è assai difficile. La più grande soddisfazione la ottenni quando un giorno la mia prof di tecnica disse a mia madre:” Le faccio i complimenti per sua figlia, perché ha cercato di arrampicarsi in un pozzo dove viene buttata continuamente dell’acqua”. Lei era una persona giusta, imparziale, non regalava nulla, ma diceva come stavano realmente le cose.  Ammetteva che spesso si è molto prevenuti e che questo può causare molte difficoltà negli adolescenti. Purtroppo a volte si deve dimostrare più di quanto sia necessario perché in quel momento la vita te lo richiede.  Durante questo periodo della vita ebbi l’opportunità di visitare tante città, ho incontrato tanta gente e ho fatto tante amicizia. Inaspettatamente si presentò la possibilità di ritornare nel mio paese.  Ero al settimo cielo!. Ad un tratto tutto mi sembrò diverso: quel posto che tanto avevo odiato, che tanto buio aveva portato nel mio cuore ora mi appariva meno antipatico.  Come se io gli dicessi “ hai finito di avere la meglio su di me”. Mi trovai così sul ponte della nave che mi stava riportando in Sicilia.  Sentii una leggera brezza che mi bagnava il viso e ne fui contenta.  Mi scese giù qualche lacrima: gioia e tristezza si mescolarono.  Mi vennero in mente tanti pensieri, tanti ricordi. Nel cuore poche persone, che ancora oggi sento.   Una di queste è una ragazza di colore, Nadege, originaria della Costa d’Avorio, solare come il suo paese e piena di sogni e di speranze.  Lei si è confidata con me raccontandomi della sua vita in Africa. Viveva in un piccolo paesino povero con i suoi due fratelli, presso una vicina di casa, in quanto la madre dei ragazzi dovette partire per l’Italia per cercare fortuna.  Finalmente, dopo circa otto anni, i tre fratelli poterono rivedere la madre, la quale li aspettava ansiosamente in Italia.  Ecco che per Nadege incominciò un nuovo capitolo della sua vita: imparare l’italiano e imparare a rapportarsi con ragazzi che avevano abitudini diverse dalle sue.  Inizialmente la sua permanenza in Italia non fu delle migliori, poiché si sentiva a disagio nei confronti degli altri proprio perché non aveva piena padronanza della lingua e quindi non riusciva a rapportarsi bene. Man mano che passarono i mesi, Nadege riuscì a farsi valere e a far emergere i suoi pregi.  I ragazzi passarono dal prenderla in giro al farla sentire come una loro sorella.  Ora si trovava in sintonia con tutti. E’ per questo che mi ero trovata bene con lei, le raccontai tutta la mia storia.  Una vera amica! Una persona che ha lasciato un segno indelebile nel mio cuore, non  la dimenticherò mai.  Tra i posti che ho visitato mi rimangono in mente le cascate del Toce a Gravellona.  Il paesaggio suggestivo, ma faticoso il percorso per arrivare, ma ne era valsa la pena. Per l’altitudine sembrava di toccare il cielo con un dito e l’aria si faceva sempre più rarefatta.  Vi erano tante piccole casette abitate soprattutto da anziani.  Sembrava quasi di stare fuori dal mondo, dal caos quotidiano. La pace che infondeva il paesaggio, con i suoi profumi e con i suoi dolci rumori mi faceva pensare di stare dentro ad un presepe. Forse questo è il ricordo più bello che porto con me e che mi ha fatto vedere la parte più buona e genuina del Nord Italia, dove il tempo sembra essersi fermato.  Spesso in questi anni mi sono chiesta il perché io sia così tanto legata alla mia terra. Sembra che non mi abbia dato tanto, ma in questi anni ho avuto così nostalgia. .  E’ vero che la vita è fatta di stagioni, che passano, che si susseguono inesorabilmente.  Ci sono stagioni belle ma ci sono delle stagioni anche con bufere. Le bufere scatenate dagli uomini che tanto dolore possono portare ai propri simili.  Purtroppo anche io, nel mio piccolo, ho dovuto combattere e ripararmi da queste bufere.  Bufere scatenate da modelli mentali perpetuatesi negli anni.  Ma io, come Nadege abbiamo reagito e tirato fuori il meglio da noi stesse, questa è la migliore difesa contro i pregiudizi. Io oggi frequento una scuola che adoro, ottenendo dei buoni risultati, contrariamente a quanto mi era stato pronosticato dalle mie insegnanti delle medie.  Ora che sono ritornata nel mio paese, tra la mia gente sono felice. E come per uno strano scherzo del destino abito in una casa ai piedi dell’Etna.  Dalla finestra della mia camera posso ammirarla in tutta la sua imponenza.  Tutte le mattine quando mi sveglio, mi affaccio alla finestra, respiro profondamente, per fare entrare nelle mie narici quell’aria fresca e pulita del mattino. Sono andata ad abitare a Mompilieri, dove si erge un antico santuario che custodisce la statua della Madonna, che secondo la tradizione è stata trovata nelle viscere della terra nei pressi dell’Etna. La statua come per miracolo è rimasta intatta, intrappolata in una camera d’aria formata dal magma durante un’eruzione. E’ un racconto assai affascinante e chissà quanti altri racconti si potrebbero narrare sotto questo vulcano “U Mungibeddu” è un gioiello del mondo intero fonte di ispirazione anche per chi l’ha creato, che gli ha nascosto un tesoro dentro, il migliore per custodirlo. E chissà quanti altri tesori nasconde che un giorno scopriremo.

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